Tradizionalmente, l’impiego di un particolare tipo di bicchiere in corrispondenza del vino da servire si basa per gran parte sulle consuetudini tramandate dall’ uso e su una funzionalità alquanto vaga: bicchieri panciuti e ad apertura relativamente larga per i rossi, che debbono “respirare”, più alti e stretti a bocca ridotta per i bianchi e così via.
Da un punto di vista professionale sono poi evitati i bicchieri colorati o con incisioni decorative, semplicemente perché non consentono una chiara valutazione del colore e della limpidezza. Non sono mancate peraltro norme per standardizzare la forma e le dimensioni dei vini da assaggio sia da parte dell ’Iso (International Standardisation Organisation) che dell ’Inao (Institut National des Appellation d ’Origine) o ancora da parte della Din (Deutsche Industrie Norm). Questi tipi di bicchieri, molto simili l’uno all’altro, oviformi, sono largamente accettati in sede internazionale e sono fabbricati con vari tipi di vetro, soprattutto per ottenere pareti sottili e cristalline, più piacevoli dal punto di vista estetico. Tuttavia esistono ben pochi dati sperimentali sull ’interazione fra la forma del bicchiere e le sensazioni percepite dall ’assaggiatore: spesso sono i fabbricanti dei bicchieri a indicare performance particolarmente positive di alcune forme per determinati vini.
Al di là della buona fede, è evidente che si tratta di opinioni non del tutto obiettive, che tuttavia hanno ormai inciso notevolmente sulle convinzioni dei conoscitori,per cui diviene molto difficile eliminare nei test queste prevenzioni istintive. Tanto più che di solito non si distingue sempre nel modo dovuto fra percezioni sensoriali, valutazioni estetiche e l’esperienza edonistica. Un tentativo interessante di separare queste diverse formedi percezione, almeno per quanto riguarda le sensazioni olfattive, è stato compiuto da una ricercatrice canadese (Margaret A. Cliff), che ha utilizzato allo scopo tre tipi di bicchieri, diversi fra loro per il volume, l’altezza, i diametri dell’apertura superiore e della dimensione maggiore della coppa, nonché di conseguenza per il rapporto fra queste due ultime grandezze. Si tratta del bicchiere standard Iso e di due altri tipi, proposti da una nota ditta del settore, rispettivamente per vini rossi (Borgogna)e per vini bianchi (Chardonnay).
Con riferimento alla figura, i tre bicchieri avevano le dimensioni riportate in tabella. Particolarmente interessante la procedura di valutazione, nel senso che ogni prova volta a saggiare le caratteristiche dei vini esaminati era condotta da due persone: l’una detta “soggetto ”, era bendata in modo da non poter distinguere la forma del bicchiere (e a cui era altresì proibito di toccarlo in alcun modo), l’altra, detta “sperimentatore”, aveva il compito di maneggiare il bicchiere, roteando il contenuto e porlo poi sotto le narici del giudice, annotando anche le sue valutazioni. In questo modo queste ultime erano del tutto sottratte ai pregiudizi circa la forma e le dimensioni del contenitore. E’ d’altro canto ampiamente conosciuta la circostanza che le sensazioni olfattive sono fortemente correlate con quelle qualitative generali, per cui i dati ottenuti hanno di certo molta rilevanza. Pur non entrando nei particolari dei risultati ottenuti, ci sembra opportuno presentarne alcuni senz’altro tra i più interessanti: per i vini bianchi senza difetti il bicchiere di volume maggiore conduce a valutazioni decisamente più intense della componente olfattiva, mentre il tipo Iso e quello previsto per i vini bianchi portano a valutazioni minori dell’intensità e non significativamente differenti fra loro. Per i vini rossi il bicchiere tipo Iso e quello previsto per i rossi consentono una miglior valutazione dell’intensità olfattiva. Il bicchiere standard, tipo Iso, è anche quello che mette in maggior evidenza gli eventuali difetti, indipendentemente dal tipo di vino. L’aroma tipico “vegetale” di alcuni vini rossi (Merlot, Cabernet, ecc.) è significativamente correlato col rapporto del diametro massimo con quello dell ’apertura, nel senso che tanto maggiore è il rapporto, tanto più intensa è percepita tale caratteristica. Questo fatto può, come ipotesi, essere attribuito alla circostanza che un diametro massimo più largo facilita la volatilizzazione delle sostanze interessate, mentre il diametro relativamente ridotto dell ’apertura ne impedisce un allontanamento prematuro. In conclusione tale ricerca convalida l’impiego generalizzato del bicchiere standard tipo Iso, che fornisce buoni risultati in quasi tutti i casi, in particolar modo quando si tratta di mettere in evidenza eventuali sensazioni difettose. Ciò non toglie che per apprezzamenti estetici e culturali particolari, altre forme di bicchieri possano fornire prestazioni interessanti.
Mario Càstino (Il Sommelier n. 3 maggio-giugno 2002)